February 27, 2010

Adriano Olivetti

[...] Fra questi amici ce n'era uno, che si chiamava Adriano Olivetti; e io ricordo la prima volta che entrò in casa nostra, vestito da soldato, perché faceva, a quel tempo, il servizio militare [...] La divisa militare gli cadeva male sulle spalle, che erano grasse e tonde; e non ho mai visto una persona, in panni grigio-verdi e con pistola alla cintola, più goffa e meno marziale di lui. Aveva un'aria molto malinconica, forse perché non gli piaceva fare il soldato; era timido e silenzioso [...] (Natalia Ginzburg - Lessico Famigliare 1963).


Esattamente 50 anni fa (27 febbraio 1960) moriva, in viaggio su un treno da Milano a Losanna, Adriano Olivetti. Imprenditore illuminato, colto e intelligente, riuscì a trasformare la sua azienda in un’impresa internazionale senza mai sfruttare lavoratori e operai, anzi, cercando in tutti i modi di portare serenità, benessere e cultura a chi lavorava per lui… Proprio come succede adesso!
Oggi, in occasione del cinquantenario della sua morte, ho voluto ricordare questo uomo eccezionale che ha da sempre la mia ammirazione e dal quale si dovrebbe imparare molto.


Un imprenditore con il gusto dell’innovazione

Urbanista, editore, scrittore, uomo di cultura; ma Adriano Olivetti è soprattutto un imprenditore capace di radicare nell’impresa la cultura dell’innovazione, l’eccellenza della tecnologia e del design, l'apertura verso i mercati internazionali, il rispetto del lavoro e dei lavoratori. Un imprenditore, oltretutto, capace di selezionare con felice intuito i collaboratori, spesso scelti tra i giovani.

Nel suo stile di management assume un particolare rilievo l’attenzione al miglioramento delle condizioni di vita dei dipendenti. Nel 1948 negli stabilimenti di Ivrea viene costituito il Consiglio di Gestione, per molti anni unico esempio in Italia di organismo paritetico con un importante ruolo consultivo, vincolante per i temi socio-assistenziali. In più occasioni i dipendenti ottengono dall'Olivetti, in anticipo sui contratti collettivi, miglioramenti economici, dell’ambiente di lavoro e dei servizi sociali. L’azienda costruisce quartieri per i dipendenti, nuove sedi per i servizi sociali, la biblioteca, la mensa. A realizzare queste opere sono chiamati grandi architetti: Figini, Pollini, Zanuso, Vittoria, Gardella, Fiocchi, Cosenza.

Anche per il design Adriano Olivetti sceglie collaboratori di grandissimo valore, come Nizzoli, Pintori, Bonfante, Sottsass. Tra la fine degli anni '40 e la fine degli '50 la Olivetti porta sul mercato alcuni prodotti destinati a diventare veri oggetti di culto per la bellezza del design, ma anche per la qualità tecnologica e l'eccellenza funzionale: tra questi, le macchine per scrivere Lexikon 80 (1948) e Lettera 22 (1950) e la calcolatrice Divisumma 24 (1956).


ESTRATTI DAL SUO MESSAGGIO AI DIPENDENTI (24/12/1955)

(è un po’ lungo, ma ne vale la pena!!)

…“ Verso l’estate del 1952 la fabbrica attraversò una crisi di crescenza e di organizzazione che fu appena visibile a tutti, ma che fu non di meno di una notevole gravità. […] A quel punto c’erano solo due soluzioni: diventare più piccoli, diminuire ancora gli orari, non assumere più nessuno; c’erano cinquecento lavoratori di troppo; taluno incominciava a parlare di licenziamenti. L’altra soluzione era difficile e pericolosa: instaurare immediatamente una politica di espansione più dinamica, più audace. Fu scelta senza esitazione la seconda via.

In Italia, in un solo anno, furono assunti 700 nuovi venditori, fu ribassato il prezzo delle macchine, furono create filiali nuove a Messina, Verona, Brescia, alle quali si aggiunsero più tardi quelle di Vicenza e di Cagliari.

La battaglia, […] fu vinta d’impeto, e diciotto mesi dopo il pericolo di rimanere senza lavoro era ormai scongiurato; la battaglia era costata molte centinaia di milioni che non potevano essere equilibrati se non da una migliore organizzazione delle fabbriche. […] E questa macchina organizzativa è ora quasi a punto, ormai quasi finita. E’ fatta per uno scopo solo: assicurare a questa fabbrica e per chi vi lavora, più sicurezza, più libertà, più benessere.

[…] Quando il punto critico cui accennavo dianzi sarà superato, saranno ripresi i lavori della mensa e iniziati quelli per una nuova infermeria, ormai indispensabile.

[…] Non dobbiamo dimenticare che questo gruppo di costruzioni sociali, al pari della nuova mensa e dopomensa, saranno costruite esclusivamente dai vostri compagni di lavoro dei cantieri. Nel programma predisposto, questi lavori avranno la funzione di equilibrare le costruzioni industriali e quelle di case per abitazioni e permetteranno perciò anche nei prossimi anni di mantenere in piena e utile occupazione oltre cento lavoratori, difficilmente trasferibili alle lavorazioni meccaniche.

[…] Organizzando le biblioteche, le borse di studio e i corsi di molte nature in una misura che nessuna fabbrica ha mai operato abbiamo voluto indicare la nostra fede nella virtù liberatrice della cultura, affinché i lavoratori, ancora troppo sacrificati da mille difficoltà, superassero giorno per giorno una inferiorità di cui è colpevole la società italiana.

Noi siamo così sulla via di aiutarvi a cercare e trovare insieme agli strumenti più adeguati e più moderni atti a difendere il vostro fisico, gli alimenti spirituali che è doveroso fornire agli uomini al fine di vivificare il loro spirito e di scoprire la nobiltà del loro cuore, poiché la miseria dell’uomo è più profonda finché non ha rivelato a se stesso la vera coscienza interiore: quella della sua anima.

Anche gli istruttori e i maestri e i giovani del nostro Centro Formazione Meccanici sanno che importa costruire degli uomini, forgiare dei caratteri senza i quali è vana e istruzione e cultura, perchè il volto degli uomini onesti è così importante come il nodo divino che annoda tutte le cose del mondo.

Sia ben chiaro che è lungi da noi il pensiero che queste mete importanti non sostituiscono né il pane, né il vino, né il combustibile e non ci sottraggono quindi al dovere di lottare strenuamente alla ricerca di un livello salariale più alto, quello che darà finalmente la vera libertà che è data ad ognuno soltanto quando può spendere qualcosa di più del minimo di sussistenza vitale.

E questa duplice lotta nel campo materiale e nella sfera spirituale - per questa fabbrica che amiamo - è l’impegno più alto e la ragione stessa della mia vita. La luce della verità, usava dirmi mio Padre, risplende soltanto negli atti, non nelle parole.

[…] crediamo che la giusta strada consista nell’eliminare via via alla radice le cause del bisogno: e su questa linea proseguiremo nei limiti delle possibilità, senza esitazioni.

[…] In questi anni di vita il Consiglio di Gestione, pur avendo dei compiti ancora limitati, ha dato prova di senso di responsabilità e spirito di collaborazione, che noi riteniamo degni di nota e utili sotto ogni riguardo. Esso, sinceramente, cerca di rendere questa fabbrica, compatibilmente con le situazioni di fatto, un posto più dignitoso, più libero per vivere e per lavorare.

[…] Poiché a nessuno di noi deve sfuggire un solo istante che non è possibile creare un’isola di civiltà più elevata e trovarsi a noi tutt’intorno e ignoranza e miseria e disoccupazione.

Perciò io credo - anche - in una società rinnovata, che esalti e non opprima, che riconosca e non disprezzi, che accetti e non respinga l’ordine umano e divino che risplende nella verità, nell’arte, nella giustizia e sopra ogni altra cosa, nella tolleranza e nell’amore. Poiché sono stato con voi nella fabbrica, conosco la monotonia dei gesti ripetuti, la stanchezza dei lavori difficili, l’ansia di ritrovare nelle pause del lavoro la luce, il sole e poi a casa il sorriso di una donna e di un bimbo, il cuore di una madre.

Perciò sono stato io a lanciare l’idea di arrivare qui, nella nostra fabbrica, per primi, a ridurre l’orario, a realizzare gradualmente ma decisamente la settimana di cinque giorni. Ci vollero più di quarant’anni di storia fatta di lavoro per giungere a questo punto: nessuno deve meravigliarsi se questo evento, in seguito alle circostanze e alle difficoltà che vi ho dianzi elencate, non si è realizzato con la precisione di un cronometro; e nella nostra storia tre mesi o sei non contano, purché le conquiste siano vere, durature, frutto di meditate esperienze e di situazioni coerenti.

[…] Tutta la mia vita e la mia opera testimoniano anche - io lo spero - la fedeltà a un ammonimento severo che mio Padre quando incominciai il mio lavoro ebbe a farmi: «ricordati - mi disse - che la disoccupazione è la malattia mortale della società moderna; perciò ti affido una consegna: tu devi lottare con ogni mezzo affinché gli operai di questa fabbrica non abbiano da subire il tragico peso dell’ozio forzato, della miseria avvilente che si accompagna alla perdita del lavoro».

E il lavoro dovrebbe essere una grande gioia ed è ancora per molti tormento, tormento di non averlo, tormento di fare un lavoro che non serva e non giovi a un nobile scopo. L’uomo primitivo era nudo sulla terra, tra i sassi, le foreste e gli acquitrini, senza utensili, senza macchine. Il lavoro solo ha trasformato il mondo e siamo alla vigilia di una trasformazione definitiva.

[…] Nello sconsolato mondo moderno, insidiato dal disordinato contrasto di massicci e spesso accecati interessi, corrotto dalla disumana volontà e vanità del potere, dal dominio dell’uomo sull’uomo minacciato di perdere il senso e la luce dei valori dello spirito, il posto dei lavoratori è uno, segnato in modo inequivocabile.

[…] Le classi lavoratrici, più che ogni altro ceto sociale, sono i rappresentanti autentici di un insopprimibile valore, la giustizia, e incarnano questo sentimento con slancio talora drammatico e sempre generoso; d’altro lato gli uomini di cultura, gli esperti di ogni attività scientifica e tecnica, esprimono attraverso la loro tenace ricerca, valori ugualmente universali, nell’ordine della verità e della scienza.

(il discorso continua…)



Fonti:




5 comments:

dede leoncedis said...

grazie Carla. che tristezza però il paragone con la realtà di oggi

Anonymous said...

Ciao cara, passa da me c'è un premio per te!

Carla said...

E' vero Dede, che tristezza oggi. Sembra siano davvero passati secoli... e di Adriano Olivetti se ne parla troppo poco

Robertina, grazie mille per il pensiero!

Simona said...

Quanto mi fa piacere sapere che ci si ricorda di lui! Poi hai citato anche la mia amatissima Natalia Ginzburg, cosa posso volere di più? :-)

Carla said...

@mugs for two: grazie! Per il cinquantenario ho pensato fosse quasi doveroso, visto che sui siti dei due maggiori quotidiani italiani (Repubblica e Corsera) non ne hanno fatto cenno!
...Anche a me piace molto la Ginzburg!! :o)