Jeff Israely è un po' che lo seguo. L'ho conosciuto diversi anni fa attraverso i suoi articoli sul settimanale Internazionale e l'ho sempre letto con interesse. L'anno scorso a gennaio, dopo parecchio tempo che viveva in Italia, è partito e ha scritto questo libro sulla sua esperienza nel Bel Paese. Il sottotitolo del libro recita: "Tutto ciò che un padre americano ha imparato sull'Italia, meraviglioso paese da cui scappare"... (se lo vuoi comprare, clicca qui)
Ieri, mentre sfogliavo nuovamente Internazionale in ufficio, mi sono imbattuta in un suo articolo sulla polemica del crocifisso in Italia e cercando informazioni aggiornate su internet ho scoperto che aveva scritto questo libro. Inutile dire che stamattina sono andata in libreria e l'ho comprato! L'argomento, per chi come me è esasperato da come si è "degradatamente" trasformata l'Italia, sembra essere interessante.
Questo è quello che scrisse Giovanni De Mauro nel suo editoriale il 25 gennaio 2008, su Internazionale, riguardo alla partenza di Jeff dal nostro immobile Paese...
Bye bye
Jeff Israely è un amico. Per dieci anni ha vissuto a Roma ed è stato il corrispondente dall'Italia del settimanale americano Time. A dicembre è partito. È andato a Parigi, sempre per Time. È diventato Mediterranean bureau chief. Vuol dire che dalla capitale francese seguirà la Spagna, la Grecia, i Balcani, il Vaticano. E l'Italia. Dispiace che sia partito. Non per lui, anzi, per lui c'è da essere contenti: è una bella scommessa, una nuova avventura. Dispiace per noi, che rimaniamo qui. Dispiace per questo nostro paese che non è riuscito a fornire a Jeff argomenti per convincere il suo direttore che dall'Italia c'è ancora tanto da scrivere. Alla festa in cui Jeff e sua moglie Monica hanno salutato i loro amici, a dicembre, su un barcone in riva al Tevere, un giornalista televisivo americano raccontava che i suoi capi non sono interessati a tutte le sue proposte di servizi dall'Italia. "L'Italia", spiegava il reporter, "è il paese più sviluppato del terzo mondo".
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